Roma, 19.06.23. Da alcuni mesi oramai un diffuso malcontento sta scuotendo la nostra Forza Armata. Dagli inizi di quest’anno l’Esercito è stato scosso da una ventata di malcontento scaturita principalmente dall’avvio della nuova politica di Forza Armata. Una politica apparentemente con un senso ben preciso, quello di disgiungere più nuclei familiari possibile, creando disagio, malcontento oltre che violare i canoni della tutela costituzionale all’integrità familiare.
Situazione che ha visto il nostro personale, neo-passato in servizio permanente, assegnato in modo del tutto casuale in tutta Italia, come in una partita a risiko, con quelli che paiono scambi alla pari più che dei trasferimenti per ripianare carenze organiche. Spostando spesso lo stesso numero di personale da una caserma all’altra e viceversa.
Come se non bastasse, il tutto condito da fatti stranissimi. Pare infatti che, mentre c’è chi piange proroghe di sei mesi per fini personali, poi contestualmente disponga trasferimenti del personale disgiungendo nuclei familiari già creati e stabilizzati da anni, nel sedime cittadino, in barba ai principi di tutela della famiglia tanto decantati nelle direttive di tutela della genitorialità di Stato Maggiore. Nuclei familiari con 1300 euro di stipendio monoreddito e senza indennità di trasferimento, spesso senza alloggio né per sé né per la propria famiglia, che vedono il proprio nucleo familiare disgiunto, dovendosi sobbarcare da solo persino le spese del trasferimento del nuovo affitto, a differenza dei dirigenti trasferiti a cui spettano indennità, alloggio e spese di trasloco.
Centinaia di separazioni illogiche, irrazionali e senza criterio appaiono al personale fatte ad arte esclusivamente per creare un disagio. Una canzone che oramai si ripete da tempo, come il ritornello di un disco rotto, che vede sempre i soliti graduati, fare la parte della carne da macello in una Forza Armata che, con la scusa che a tale personale non spetta indennità di trasferimento, perché appena passato in servizio permanente, fa di queste famiglie CIO’ CHE VUOLE, non tenendo minimamente in considerazione che dietro quell’uomo non c’è solo un militare, ci sono padri e madri, mogli e mariti con figli spesso piccoli.
Figli che dovranno conoscere fin da subito cosa significa vedere il proprio genitore far sacrifici perfino per comprare i pannolini, oppure doversi rassegnare a vederlo solo per un misero fine settimana al mese, senza possibilità di ricongiungere il proprio nucleo familiare prima di 20 anni di servizio. Non bisogna dimenticare, infatti, che nella quasi totalità delle destinazioni assegnate mancano i più elementari servizi di sostegno alle famiglie dei militari trasferiti, che non potranno quindi neanche prendere in lontana considerazione il trasferimento del nucleo familiare, se non vogliono rasentare la soglia di povertà. Situazione maggiormente aggravata, pare, per qualche stranissimo motivo da gennaio, da quando qualcuno pare sia in cerca spasmodica di una proroga. Sarà un caso?
Siamo oramai stanchi che a farne le spese siano sempre le nostre famiglie e i nostri figli! Riteniamo sia giunta l’ora di mettere una fine a questo ritornello e chiediamo un intervento urgente del Ministro della Difesa e della Commissione Difesa per verificare quali siano stati i criteri adottati nell’assegnazione del personale neo transitato in servizio permanente, con specifico riferimento alla tutela e alla salvaguardia della famiglia e della genitorialità.
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