SINDACATO ITALIANO AUTONOMO MILITARE ORGANIZZATO
Legge sindacale militare. SIAMO ESERCITO, SINAFI e UNARMA scrivono al Governo

Legge sindacale militare. SIAMO ESERCITO, SINAFI e UNARMA scrivono al Governo

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Prof. Mario Draghi

presidente@pec.governo.it

MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
On. Prof. Renato Brunetta

protocollo_dfp@mailbox.governo.it

MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
On. Daniele Franco

mef@pec.mef.gov.it

MINISTRO DELLA DIFESA
On. Lorenzo Guerini

udc@postacert.difesa.it

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Oggetto: Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo (DdL 1893, in corso di esame presso la Commissione Difesa del Senato) – Assenza di copertura finanziaria.

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Illustre Presidente, Signori Ministri
è con forte preoccupazione che le sottoscrittrici OO.SS. si appellano al Vs indiscusso senso di istituzionale responsabilità, giustizia ed equità, avendo appreso da fonti ufficiali del contenuto di taluni emendamenti che renderebbero particolarmente insidioso, se non addirittura impraticabile, il concreto esercizio di una delle più alte e nobili forme di libertà, costituzionalmente ed internazionalmente garantite, interrelate al concetto di “lavoro”, ossia, quella di poter contare su un’adeguata legislazione sindacale seppur, come nel nostro caso, ragionevolmente e proporzionalmente calibrata alla specificità professionale e di comparto.
Riteniamo doveroso evidenziare, inoltre, un’altra specifica problematica attinente a quella che sembra essere un’impostazione di fondo del testo in discussione, contenuta nell’odierno art. 16, rubricato “Delega al Governo per il coordinamento normativo e regolamenti di attuazione”, laddove, al comma sesto, si rimarca che dall’attuazione dell’articolata delega non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Non sarà certamente sfuggito che una totale neutralità finanziaria mal si concilia, nei fatti, con una reale e concreta volontà politica di ammodernamento della rappresentanza dei lavoratori militari, costituendo un evidente contrasto con la sentenza 120/2018 della Corte Costituzionale e un’ulteriore e clamorosa eccezione, in senso inaspettatamente e irragionevolmente restrittivo, rispetto a quanto, da oltre 40 anni, accade nelle finitime realtà sindacali intercompartimentali.
Ci preoccupa molto sapere che il rischio appena paventato è più che reale e giustificato e sembra paradossalmente passare inosservato agli occhi dei Parlamentari, ai quali spesso ci siamo rivolti per evidenziare le forti storture contenute nella legge.
Sembrerebbe, infatti, che la Ragioneria Generale dello Stato, nelle settimane scorse, abbia già dato parere negativo alle normali prerogative sindacali contenute nella legge e verso alcuni emendamenti del relatore, poiché non assistiti da copertura finanziaria. Pochissime opportunità recate dal DdL in esame, fra le quali spiccano – perché connaturate alla funzionalità, alle prerogative e ai diritti, se non addirittura all’esistenza stessa di un’organizzazione sindacale – quelle inerenti ai permessi e distacchi sindacali, alla concessione in uso gratuito di idonei locali, etc. Alle stesse, peraltro, si potrebbe agevolmente far fronte anche attraverso delle semplici operazioni di rimodulazione e riassetto delle risorse generalmente assentite nell’ambito del sistema di rappresentanza dei lavoratori del comparto.
Cogliamo inoltre l’occasione per ribadire, sia nel merito giuridico, sia per analoghe “ragioni economiche”, il nostro totale disappunto per tutte quelle disposizioni attualmente contenute nel DdL che si traducono inevitabilmente in un’irragionevole e sproporzionata compressione dei diritti e della funzionalità stessa di un’organizzazione sindacale, seppur militare. Ci riferiamo, in particolare agli artt. 17 e 18 del testo in esame, recanti, rispettivamente, “Giurisdizione” e “Procedure di conciliazione”.
A tal riguardo, ravvisiamo la sussistenza di seri dubbi di opportunità, di coerenza sistematica (soprattutto in relazione agli specifici principi e mitigazioni regolanti la materia del lavoro, in favore della c.d. “parte debole”), in ordine alla previsione di particolari oneri da corrispondere per promuovere un tentativo di conciliazione in sede centrale o periferica (cfr. art. 18, co. 4); altrettanto vessatoria, sempre in considerazione dei principi che sovrintendono alla tutela, tout court, dei lavoratori1, è la disposizione contenuta nel comma 1 del menzionato art. 17, laddove si declina la giurisdizione amministrativa “[…] anche quando la condotta antisindacale incide sulle prerogative dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari” (la locuzione “anche quando”, in questo caso, accentua l’estensione in pejus dei rimedi esperibili). Sul punto, non v’è chi non veda l’eccesso, inteso come inopportuna sproporzione, di dover ricorrere dinnanzi al giudice amministrativo – notoriamente


1 Per quanto d’interesse e per il pubblico impiego anche “non contrattualizzato”, si cfr.no, ex aliis, Cass. SU, Ordinanza n. 20161 del 24/09/2010 e SU, Sentenza n. 2359 del 09/02/2015 e nella giurisprudenza amministrativa Cons. Stato, sez. 1^, parere, 12 giugno 2002, n. 1647/02, laddove, fra l’altro, si rappresenta chiaramente che “[…] sono assoggettate alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie promosse dalle associazioni sindacali ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, anche quando la condotta antisindacale afferisca ad un rapporto di pubblico impiego non contrattualizzato e che incida non solo sulle prerogative sindacali dell’associazione ricorrente ma anche sulle situazioni soggettive individuali dei pubblici dipendenti”.

Sul punto, in chiave sistematica, si rammenta l’art. 63, co. 3, D.Lgs. 165/01 (T.U.P.I.) che, in modo chiaro e omnicomprensivo, dispone che “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni [“tutte” n.d.aa.] ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall’ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’articolo 40 e seguenti del presente decreto”, diversamente dal successivo comma 4 (che non attiene alle particolari questioni relative alle condotte antisindacali di cui al comma 3).


molto più oneroso – anche nell’ipotesi in cui si tratti di condotte antisindacali da parte datoriale, altrettanto notoriamente, pragmaticamente, storicamente e pacificamente demandate alla cognizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro (v. nota 1). Anche sugli emendamenti presentati al riguardo, volti a esentare il pagamento di tali contributi al fine di riequilibrare, se non già in termini giuridici, quantomeno in termini economici, la grave disparità di trattamento tra le OO.SS. militari e tutto il resto delle Organizzazioni sindacali, in materia di attivazione delle condotte antisindacali, sembra sia calata la scure della Ragioneria Generale dello Stato, con il proprio parere negativo, sempre a causa di una mancata previsione della necessaria copertura finanziaria. Giova rammentare, infatti, come le attivazioni delle suddette procedure, dinanzi al Giudice del lavoro, avviate da tutte le OO.SS. esistenti nel nostro Paese non siano a carattere oneroso, a differenza delle analoghe procedure che si intendono, irritualmente prevedere, dinanzi al Giudice Amministrativo, con la legge attualmente all’esame della Commissione Difesa del Senato.
In sostanza, restando così le cose, qualora non intervenisse un reale e sentito revirement nei lavori parlamentari in corso, che pongano rimedio ai suddetti e ad altri punti critici, non potremo che prendere atto dell’ennesima e mortificante azione con la quale sarebbe resa manifesta la dichiarata volontà istituzionale di annullare ogni possibilità di correggere un progetto di legge nato monco e distorto. Disegno di legge, i cui principi fondamentali, peraltro, sono stati scardinati pezzo per pezzo, nel tempo, (a distanza di oltre 3 anni dalla sentenza della Consulta), fino al completo e inaccettabile, perché irragionevole e sproporzionato, snaturamento delle finalità che ne ispirarono la nascita, dopo più di 40 anni di colpevole disallineamento dai principi democratici declinati dalla nostra Costituzione, dal diritto europeo e dalle fonti sovranazionali.
Atteso che nei giorni scorsi sono riprese le trattative per il rinnovo del contratto di lavoro – triennio economico e normativo 2019-2021 – rivolgiamo appello alle SS.LL affinché, oltre a ricercare maggiori stanziamenti di bilancio finalizzati a rendere più solidi gli aumenti del trattamento fondamentale e la rivalutazione degli istituti accessori del personale del comparto, si preveda uno stanziamento di risorse che possa fornire anche la necessaria copertura a quelle previsioni basilari della legge sindacale in parola, integrate anche da alcuni importanti emendamenti, che costituiscono i principi fondanti della libertà sindacale e gli elementi essenziali per poter superare il veto della Ragioneria Generale dello Stato..
Altrimenti, questa legge, voluta dalla Consulta e tanto attesa ormai da tre anni dalle OO.SS. militari già costituite, nonché da un’intera comunità di donne e uomini in uniforme, senza la copertura finanziaria necessaria a garantire le prerogative sindacali, non potrà mai vedere gli albori.
Certi di un cortese e attento esame delle questioni segnalate, che costituiscono interesse collettivo per centinaia di migliaia di operatori, cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti.

Roma 09 maggio 2021

SINAFI – UNARMA – SIAMO ESERCITO